Appalti sopra soglia: la Superderoga alle norme di legge del decreto “Semplificazioni”

Ad una prima lettura, sembrava proprio che per gli appalti soprasoglia il Decreto Semplificazioni (DL. 76/2020) potesse conferire una decisiva accelerata alle opere infrastrutturali e a quelle “Covid”.

L’art. 2, comma 4, infatti (nella versione risultante dalla conversione in Legge n. 120/2020) prevede che, di regola, “le stazioni appaltanti, per l’affidamento delle attività di esecuzione di lavori, servizi e forniture nonché dei servizi di ingegneria e architettura, inclusa l’attività di progettazione, e per l’esecuzione dei relativi contratti, operano in deroga ad ogni disposizione di legge (…)” nei seguenti casi:

  • nei casi in cui vi siano “ragioni di estrema urgenza derivanti dagli effetti negativi della crisi causata dalla pandemia da COVID-19 o dal periodo di sospensione delle attività determinato dalle misure di contenimento adottate per fronteggiare la crisi”;
  • nei settori dell’edilizia scolastica, universitaria, sanitaria, giudiziaria e penitenziaria
  • nei settori (…) delle infrastrutture per attività di ricerca scientifica e per la sicurezza pubblica, dei trasporti e delle infrastrutture stradali, ferroviarie, portuali, aeroportuali, lacuali e idriche, ivi compresi gli interventi inseriti nei contratti di programma ANAS-Mit 2016-2020 e RFI-Mit 2017- 2021 e relativi aggiornamenti”;
  • per gli interventi funzionali alla realizzazione del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC)”;
  • per i contratti relativi o collegati ad essi, per quanto non espressamente disciplinato dal presente articolo,
  • per gli “interventi per la messa a norma o in sicurezza degli edifici pubblici destinati ad attività istituzionali, al fine di sostenere le imprese ed i professionisti del comparto edile, anche operanti nell’edilizia specializzata sui beni vincolati dal punto di vista culturale o paesaggistico, nonché di recuperare e valorizzare il patrimonio esistente.”

 

Si tratta praticamente di tutta l’edilizia pubblica e di tutte le infrastrutture.

Tuttavia, dopo una prima lettura, ci si accorge che, come spesso capita, alla deroga, espressa in modo roboante ed altisonante (“operano in deroga ad OGNI disposizione di legge”) ed anche per certi versi imprecisa (si parla della deroga alle norme di LEGGE: e per quelle, per esempio, di REGOLAMENTO che cosa capita?), si contrappongono le solite eccezioni, che da ogni lato comprimono questa Superderoga fino a neutralizzarla nella sostanza. Le eccezioni sono le seguenti:

Anche se sembrano poche, di fatto fanno rientrare dalla finestra le norme di “legge” appena cacciate a squilli di tromba dalla porta.

Prendiamo, ad esempio, l’art. 30 del codice. Al primo comma tratta in effetti dei “principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza (…) libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità con le modalità indicate nel presente codice”. Ma le disposizioni successive dell’art. 30, pur non contenendo la parola “principi”, esprimono anch’esse nella sostanza principi da rispettare? Il primo comma infatti così prosegue: “Il principio di economicità può essere subordinato, nei limiti in cui è espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice, ai criteri, previsti nel bando, ispirati a esigenze sociali, nonché alla tutela della salute, dell’ambiente, del patrimonio culturale e alla promozione dello sviluppo sostenibile, anche dal punto di vista energetico.” In effetti sembra che si tratti anche in questo caso di principi cui non si possa proprio derogare.

Il comma 2 rinforza il concetto di concorrenza, così declinandolo: “2. Le stazioni appaltanti non possono limitare in alcun modo artificiosamente la concorrenza allo scopo di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici o, nelle procedure di aggiudicazione delle concessioni, compresa la stima del valore, taluni lavori, forniture o servizi”: risulterebbe difficile sostenere che si possa derogare a questa disposizione.

Ancora in tema di principi, non sembra possano considerarsi carta straccia quelli espressi dall’art. 30, comma 3: “3. Nell’esecuzione di appalti pubblici e di concessioni, gli operatori economici rispettano gli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali elencate nell’allegato X.”

E che dire del rispetto dei contratti collettivi nazionali e territoriale del lavoro dipendente, cui fa riferimento il comma 4? Vogliamo proprio agire in deroga? E del regime di solidarietà contributiva e retributiva di cui i commi 5 e 6? Magari la ritenuta dello 0,50 %, prevista al comma 5 bis non è un principio, per cui vi si può derogare: ma conviene alle stazioni appaltanti?

Degno del massimo rispetto sembra altresì il comma 7 del medesimo art. 30: “I criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le microimprese, le piccole e le medie imprese”, il favor nei cui confronti è ribadito anche dalla Direttiva Europea di riferimento.

L’art. 30 chiosa con il comma 8, che richiama il rispetto delle “le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241”, che contiene norme fondamentali sul procedimento amministrativo e che non si scorge proprio come poter non applicare.

Dunque, si può dire che nella sostanza tutto l’art. 30 non può essere derogato, in quanto contiene “principi”.

Altra espressa eccezione alla Superderoga è costituita dai principi di cui all’art. 34 (Criteri di sostenibilità energetica e ambientale), che comprende anche i famosi C.A.M. E non poteva essere diversamente: non possiamo certo derogare alle norme previste a tutela dell’ambiente.

La deroga urbi et orbi deve inoltre rispettare l’art. 42 del codice (“Conflitto di interesse”) e anche qui non è dato scorgere un’alternativa credibile, anche perché il limite con il diritto penale è molto labile.

Poi non possiamo dimenticare che l’Italia è un Paese membro dell’Unione Europea. E si sa che le sue direttive spesso contengono norme self-executing, cioè direttamente applicabili agli Stati Membri. Il legislatore italiano, dunque, quand’anche spinto dal massimo fervore emergenziale, non avrebbe potuto consentire la violazione dei “vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea, ivi inclusi quelli derivanti dalle direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE”. E infatti, la Superderoga non vale in questi casi.

Ma qui la riforma mostra la corda, perché una gran parte del codice dei contratti pubblici costituisce la traduzione più o meno fedele di norme delle direttive europee.

Ecco qualche piccolo esempio.

Gli artt. 27 ss della direttiva UE n. 24/2014 prevedono le procedure aperta (art. 27), ristretta (art. 28), competitiva con negoziazione (art. 29), dialogo competitivo (art. 30), partenariati per l’innovazione (art. 31), negoziata senza previa pubblicazione (art. 32), con norme recepite in sequenza dagli artt. 60 ss del codice. Pertanto occorre applicarle.

Altro esempio: in tema di “Modifica di contratti durante il periodo di validità”, l’art. 72 della Direttiva n. 24 è stato praticamente trasfuso nell’art. 106 del codice nostrano. Anche in questo caso, la Superderoga nella sostanza non opera.

Anche in tema di requisiti, generali e non, gli artt. 80 e ss. del codice italiano sono la traduzione in gran parte di norme europee (es: art. 57 dir. 24: “Motivi di esclusione”).

E che dire dell’”avvalimento”, istituto di matrice europea, riscritto nell’art. 89 del nostro codice sulla scorta dell’art. 63, della Dir. 24 (“Affidamento sulle capacità di altri soggetti”)?

Gli esempi potrebbero continuare.

In sintesi non è affatto facile individuare norme che, anche avvalendosi della Superderoga, non si debbano comunque applicare. Forse quelle del DPR n. 207/2010, il regolamento del “vecchio” codice degli appalti pubblici, e/o del DM n. 49/2018 in tema di RUP, con tutto ciò che ne consegue in ordine alla contabilità dei lavori. Ma è seriamente pensabile che, dopo decenni (secoli?) di abitudine e di pratica, anche proficua, gli operatori del settore s’inventino, da un giorno all’altro, una nuova forma di contabilità, valida solo per neppure un anno e mezzo, col rischio di contabilizzare male i lavori o di esporsi a contestazioni?

Conclusioni

Sarebbe il caso di dire che l’eccezione conferma la regola (asseritamente derogata). E di eccezioni ve ne sono così tante e di così ampia portata che, in pratica, finiscono per annullare la Superderoga, quand’anche così pomposamente proclamata.

Ma allora v’è da chiedersi: nel preparare gli atti di gara, alle Stazioni appaltanti conviene avventurarsi in una così difficile esegesi su quali norme italiane siano derogabili e quali non lo siano? O forse, siccome la deroga non è affatto un obbligo, non è meglio continuare ad applicare le norme di legge italiana nella loro interezza, senza cercare faticosamente di spezzettarle per individuare tanti micro-codici temporanei quante sono le stazioni appaltanti che si impegnino in un siffatto compito, micro-codici tanto difficilmente delineabili quanto poco diversi da quello attuale e, comunque, destinati a spirare a fine 2021?

Siccome non dubitiamo che la risposta a quest’ultimo quesito, da parte di stazioni appaltanti dotate di normale buon senso, sia positiva e siccome il codice già prevede norme destinate ad essere applicate in caso di urgenza (che ANAC aveva richiamato sin dal 30 aprile 2020 con un suo utilissimo “Vademecum per velocizzare e semplificare gli appalti pubblici”), v’è da chiedersi conclusivamente quale utilità abbia la Superderoga in commento.